Paolo Maggiolo - ADVERSARIA - frammenti d'autore - Ed. Solfanelli 2009


Nato a Padova nel 1957, bibliotecario, Paolo Maggiolo si era finora dedicato alla Storia culturale della sua città, collaborando a riviste, volumi e iniziative a carattere locale. Su diversi periodici italiani ha pubblicato una serie di contributi su James Henry (1798 - 1876), poeta e viaggiatore irlandese.
Ora con questo ottimo volumetto Paolo Maggiolo ci fornisce un piccolo dizionario - frutto di una paziente raccolta, con citazioni di 258 autori diversi - contro i luoghi comuni della Sinistra, contro i suoi miti falsi e artificiosi, le sue verità scomode e le sue amnesie, il suo grigiore ideologico. E così facendo, diremmo per logica conseguenza, demolisce l'inguaribile presunzione di superiorità con cui la Sinistra da decenni guarda dall'alto al basso chiunque non si sia adattato al conformismo dilagante.
Un libro che si legge e si rilegge, scoprendo sempre qualcosa di nuovo e interessante.

per ulteriori informazioni e acquisti, è possibile rivolgersi direttamente all'Editore Solfanelli


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Lino Toselli - CRONACHE DELLA GUERRA CIVILE - Novantico Editrice, Pinerolo, 2009


Un libro documentatissimo, asciutto, che senza retorica aiuta a conoscere meglio, al di là della vulgata imposta dalla Sinistra, il tragico periodo che vide l'Italia divisa in una guerra crudele e fratricida.
Curato da Ernesto Zucconi, con prefazione di Aldo Alessandro Mola e postfazione di Adriano Toselli, le Cronache della Guerra Civile sono un testo importantissimo per chi voglia intraprendere con serietà uno studio e una revisione del periodo più buio della nostra Storia nazionale.
Ricco di illustrazioni, sia dei protagonisti, sia dei documenti e manifesti di entrambe le parti in lotta, questo libro provocherà di certo molte discussioni, perchè nella fredda descrizione dei fatti non indulge nè al vittimismo nè alla retorica, ma parla con una estrema chiarezza. E sono i fatti che compongono la Storia, non le distorsioni ideologiche con cui alcuni vengono modificati, altri cancellati, altri ancora inventati.

Il libro può essere richiesto anche direttamente alla Casa Editrice NovAntico


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Paolo Pasqualucci, “Giovanni XXIII e il Concilio Ecumenico Vaticano II”, Editrice Ichtis, Spadarolo (Rn)

di Piero Vassallo

L’uso sobrio e rigoroso di un’ingente mole di notizie e la felice combinazione di fermezza dottrinale e carità, hanno consentito a Paolo Pasqualucci di affrontare l’imbarazzante problema posto dalla presenza – indisturbata, quando non incoraggiata e approvata ufficiosamente - della screditata teologia progressista, fumo di satana penetrato nella Chiesa cattolica, come ebbe a definirla (tardivamente) Paolo VI.

La rumorosa sopravvivenza della teologia conformista, che fu generata da uno stupore disarmato davanti a figure ideologiche fatiscenti e destinate ad essere travolte e sepolte a Berlino, costituisce, motivo di umiliante disagio per la cultura cattolica.

Smentite tutte le ragioni del trionfalismo mondano, è evidente, infatti, la malinconica dissolvenza delle pie illusioni intorno alle magnifiche sorti e progressive. La fede leopardiana e schopenhaueriana, professata senza ritegni dall’affranto guru Scalfari, dimostra, appunto, che l’infatuazione progressista appartiene al passato. Le autentiche ragioni della speranza stanno rientrando pur con fatica nella casa dell’ortodossia cattolica.

Se non che l’imperiosa e torrentizia verbosità dei teologi sedicenti aggiornati, mantiene una vasta area del mondo cattolico incollata al fotogramma della moviola, che ha registrato le suggestioni del progressismo furoreggiante nei remoti (e non ancora del tutto superati) anni del Vaticano II.

Nelle pagine della sua magistrale opera, Pasqualucci dimostra che, per uscire dal vicolo cieco in cui langue la cultura postconciliare, è necessario rammentare la dipendenza dei nuovi teologi (Rahner e Küng, ad esempio) da uno stato d’animo abbagliato dalle luci della ribalta progressista. Una ribalta peraltro devastata dal corso sfavorevole degli eventi e dall’involuzione dei pensieri “a monte”.

Un teologo autorevole, quale Brunero Gherardini ha scritto che la nuova teologia mette una pietra tombale sulla metafisica “spogliando la ragione umana della sua capacità di pervenire alla verità, di scoprirne l’essere, d’isolarne l’atto di essere”.

Il difficile compito dei restauratori cattolici, in ultima analisi, consiste nel rianimare la perplessa e depressa maggioranza dei credenti, dimostrando che il potere, tuttora esercitato da novatori tanto ostinati quanto esausti e sorpassati, non discende dalla presunta evoluzione del dogma ma dall’esagerata fiducia riposta in ideologie perdenti.

Durante gli anni Sessanta il potere della suggestione era a tal punto influente che perfino un uomo cauto e scrupoloso come Giovanni XXIII dichiarò ammirazione “per il meraviglioso progresso del genere umano”, in pratica per le conquiste vantate dai propagandisti della rivoluzione illusionista.

Nell’Allocuzione inaugurale Gaudet Mater Ecclesia papa Roncalli tratteggiò due scenari divergenti: un Concilio indirizzato alla risoluta, intransigente conferma dei dogmi (“il Concilio deve condurre ad un sempre più intenso rafforzamento della fede”) e un Concilio orientato ad evitare la condanna degli errori moderni, visto che “ormai gli uomini da se stessi sembra siano propensi a condannarli”.

In una fase storica caratterizzata dall’incubazione dell’anarchismo sessantottino, Giovanni XIII affermò addirittura che gli uomini contemporanei sembravano “più inclini a recepire gli ammonimenti” della Chiesa cattolica.

Di qui la convinzione, illusoria dato il furore delle persecuzioni anticristiane in atto nell’Unione sovietica e in Cina, oltre che nel mondo islamico, che si potesse giudicare avvenuto “l’ingresso in una nuova età, la quale, fatta salva la sacra eredità trasmessaci dalle generazioni precedenti mostra un meraviglioso progresso nelle cose che riguardano l’animo umano”.

Evidentemente la visione di un mondo verniciato di rosa non può essere equiparata all’errore teologico, perciò nessuno mette in discussione la fedeltà di papa Giovanni al dogma, fedeltà che fu peraltro autorevolmente attestata da Cornelio Fabro. L’infallibilità non copre le opinioni dei papi sull’effimero, tanto meno sacralizza gli abbagli

Senza dubbio erronea è, invece, la teologia progressista, avanzata sotto l’ombrello dell’immaginario contemplante i progressi spirituali della modernità, fino a raggiungere il punto di non ritorno che è rappresentato dalla teoria di Karl Rahner sui cristiani anonimi. Teoria in cui Cornelio Fabro vedeva il rovesciamento della teologia in antropologia.

Le suggestioni diffuse dai nuovi teologi hanno purtroppo inquinato il dibattito conciliare, imponendo una soluzione interlocutoria e minimalista, la “pastoralità”, che ha escluso il radicamento delle costituzioni conciliari nell’infallibilità ma non ha impedito la circolazione tra i novatori di una surrettizia opinione infallibilista, affermante l’inviolabilità dell’ecumenismo latitudinario, che era giustificato soltanto dagli immotivati entusiasmi intorno alle ideologie.

In seguito, l’infallibilismo è stato usato come copertura offerta dall’esorbitanza dell’ortodossia ai teologi che, in nome del “concilio” erano intenti all’erosione del depositum fidei. Per un singolare paradosso, il partito dei nuovi teologi ha trovato rifugio nella deformazione infallibilista dell’intransigenza dottrinale dichiarata da Giovanni XXIII durante la cerimonia inaugurale del Vaticano II.

Per ridare vitalità e slancio missionario alla Chiesa cattolica è necessario sciogliere i lacci che tengono unito l’incontrollato entusiasmo dei novatori all’intransigenza dottrinale, cioè interrompere il giro vizioso che si è stabilito tra l’eccesso infallibilista e il deficit prodotto dal precipitoso avventurismo teologico.

Occorre specialmente che questa delicata operazione sia compiuta, come propone Pasqualucci, con rigore ma senza ventilare lacerazioni irreparabili.

L’interruzione del giro vizioso della teologia è tuttavia impensabile senza la preventiva rinuncia alle anacronistiche illusioni intorno agli splendori della modernità. Si tratta di trarre le dovute conseguenze dall’invito all’autocritica della modernità e del cattolicesimo modernizzante, formulato da Benedetto XVI nella Spe salvi.

È questa, infatti, la condizione necessaria a ottenere la liberazione del pensiero cattolico dal peso morto e mortificante della moderna utopia. Nei testi del Concilio pastorale (e non dogmatico) un illuminato esercizio del senso autocritico può, infatti, scoprire e rimuovere le tracce dell’ingenuo ottimismo professato da Giovanni XXIII, quindi avviare, senza inscenare drammi, l’attesa separazione del dogma cattolico dalle temerarie opinioni dei teologi privati.

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Piero Vassallo - MEMORIA E PROGRESSO - Fede e Cultura, 2009


Il progresso non rappresenta la fondazione della civiltà sopra le rovine dell’esistente, ma è il risultato della selezione e del perfezionamento delle nozioni trasmesse dalle generazioni passate. Per dimostrarlo, lo storico della filosofia Piero Vassallo ripercorre il deragliamento gnostico e antirealistico della “ragione” moderna, mostrando l’essenza tenebrosa e dissolutoria delle pseudofilosofie di Cartesio, Kant, Hegel, Nietzsche, Heidegger, Simone Weil, Bataille, Kojève, Guénon, Evola e della Scuola di Francoforte. A questi autentici mostri della ragione Vassallo oppone le luminose rivisitazioni del pensiero tomista, vichiano, rosminiano e kierkegaardiano operate nel Novecento da veri e propri geni metafisici quali – per nominare solo i più rappresentativi – Michele Federico Sciacca, Cornelio Fabro ed Étienne Gilson. Costoro hanno saputo confutare magistralmente le calunnie all’essere e le staffilate alla razionalità umana che hanno fatto il disonore dei maestri del sospetto e dei “pensierodebolisti” assisi sulle cattedre della banalità e dell’immoralismo. Il preconcetto secolarista, si è oggi trasformato in strumento di perdizione, cioè di quel totalitarismo della dissoluzione (Del Noce) che ultimamente sussurra perfino dai pulpiti, consacrati alla teologia conformistica. Unico rimedio ad una tale situazione di crisi è non tanto uno sterile e mummificato “tradizionalismo”, ma una riscoperta attiva e dinamica della “tradizione viva e perenne” della filosofia occidentale. Infatti, come scriveva Francisco Elias de Tejada, “La posizione che suole contrapporre la tradizione al progresso è assurda, giacché non esiste progresso senza tradizione né tradizione senza progresso”.


L’Autore

Piero Vassallo è nato a Genova nel 1933. Laureato in filosofia è stato docente nella sede genovese della Facoltà teologica del Nord Italia. Giovanissimo ha iniziato l’attività di pubblicista sotto la guida di Giano Accame, è entrato nella redazione della rivista Lo Stato diretta da Baget Bozzo. Di seguito ha collaborato con Guido Gonnella (Il Centro), con Nino Radano (Il Quotidiano), con Antonio Livi (Studi Cattolici), Silvano Vitale (L’Alfiere) e nuovamente con Baget Bozzo (Renovatio). Negli anni Settanta ha fatto parte dell’associazione dei giusnaturalisti cattolici (fondata da Francisco Elias de Tejada) ed ha collaborato con la Fondazione Gioacchino Volpe. Tra il 1997 ed il 2003 è stato editorialista del quotidiano romano Il Tempo. Fra le sue opere “Pietro Mignosi e la Tradizione” (Palermo 1989), “Introduzione allo studio di Vico” (Palermo 1992), “La filosofia del regresso” (Napoli 1996), “La restaurazione della metafisica” (Genova 2006) e “La cultura della libertà” (Genova 2007).

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Francesco Agnoli - STORIA DELL'ABORTO - Fede e Cultura, Verona 2008


Fin dal concepimento vi è una vita che corre verso l'avvenire: a 18 giorni iniziano i primi battiti cardiaci; ad un mese e mezzo i ditini si precisano, con le loro impronte digitali, già inconfondibili ed uniche; a due mesi vi è una creatura perfettamente simile ad un grande (“Eccomi qua”), che misura tre centimetri, ma ha una precisione assoluta. A tre mesi il bimbo è alto circa 8 centimetri, vive una vita sua, in stretto collegamento con quella della mamma: si sveglia se si sveglia lei, la ascolta parlare o cantare, fa le capriole, scalcia, sembra addirittura che distingua il dolce dall'amaro, che si lasci cullare dal battito del cuore della madre e che sogni… Una vita così possiamo sopprimerla? Chi e come, nella storia, ha ritenuto giusto farlo? A questa e a molte altre domande, questo libro cerca di dare una risposta.


L'Autore
Francesco Agnoli vive ed insegna a Trento. Collabora a Il Foglio, Avvenire, e alla rivista "Il Timone". Ha pubblicato: “Controriforme - Antidoti al pensiero scientista e nichilista”, “Contro Darwin e i suoi seguaci”, “La Liturgia Tradizionale” con Fede & Cultura, “La filosofia della luce: dal Big bang alle cattedrali”, “La fecondazione artificiale”, e “Storia dell’aborto nel mondo”, con il Segno di Udine; “Voglio una vita manipolata”, con Ares; “Conoscere il Novecento. La storia e le idee”, con Il Cerchio.


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