Paolo Mariani - L'ACCADEMIA E LA LOGGIA, Rivoluzione e massoneria alle origini dell'Italia moderna - Ed. Il Cerchio, 2007 - pagg. 122, euro 14,00


Risorgimento italiano e risorgimento massonico



di Piero Vassallo


La necessità inderogabile di attuare l’unità politica sul fondamento dall’unità spirituale degli italiani, si manifestò alla fine del XVIII secolo, quando gli antichi stati della penisola si dimostrarono incapaci di opporre un’efficace resistenza militare all’armata dei cleptomani discesi, sotto il vessillo della fellonia giacobina, dalla Francia affamata dalla rivoluzione.

La strutturale impotenza dei poteri politici fu compensata dalla spontanea, eroica insorgenza dei popoli italiani, i quali, con armi di fortuna e tattiche improvvisate, ostacolarono duramente l’azione dei saccheggiatori francesi.

La funzione provvidenziale degli insorgenti – i Viva Maria – commosse Vittorio Alfieri prima di essere nobilmente esaltata da Giovanni Gentile, il quale, senza esitazione, attribuì alla rivolta popolare il merito di aver destato la consapevolezza dell’obbligo di unificare la politica italiana in vista della resistenza all’invasore.

Le insorgenze antigiacobine hanno rappresentato il cuore antico del futuro italiano. Sono state il primo, nobile atto del vero e purtroppo incompiuto risorgimento italiano.

Una risma di letterati di scuola massonica, Ugo Foscolo, Vincenzo Cuoco, Pietro Colletta, Goffredo Mameli, Luigi Mercantini, Giuseppe Garibaldi, Mario Rapisardi, Giovanni Verga, Luigi Settembrini ecc., quasi anticipando l’azione gramsciana, si affrettò a produrre e diffondere dozzinali poesie, memoriali grondanti, pistolotti retorici, romanzi inverosimili e storie disinformanti, riuscendo nell’impresa di usare la letteratura quale vettore del progetto liberale finalizzato allo snaturamento del patriottismo.

La cattiva letteratura fu l’antefatto e la musica di fondo del risorgimento liberal-massonico, che ebbe il sopravvento sul risorgimento italiano. Gli scritti degli autori di loggia, opere per lo più di bassa qualità, erano tuttavia adatte ad innestare sul corpo sano e ingenuo del patriottismo l’artificiale ostilità verso la fede cristiana, che fu infatti sostituita dalla passione per quella libertà tiranna, che pretendeva di rifondare, sulla base avventizia dell’ideologia democratista, i corpi sociali nati e viventi da secoli senza necessità di suffragi universali e di grotteschi plebisciti.

Gli studiosi di scuola tradizionalista hanno trascurato l’apporto dei poeti e dei narratori al risorgimento massonico, con il risultato di restringere l’indagine storiografica di orientamento revisionista all’esame delle filosofie, dei filosofemi (ad esempio la grottesca produzione del Mazzini) e degli intrighi di palazzo, trascurando lo studio di quella strategia anticattolica e antitaliana che fu attuata dai letterati di servizio.

Uno studioso specializzato in studi letterari, Paolo Mariani, ha finalmente colmato una lacuna proponendo, nel saggio “L’accademia e la loggia”, edito dal Il Cerchio di Rimini, il profilo degli autori che produssero gli inni, le canzonette e le leggende che esaltavano il falso patriottismo ed esaltandolo lo facevano salire sul carro della rivoluzione massonica. Carro di cui il card. Giacomo Biffi ha rivelato la somiglianza con quello condotto dal favoloso Mangiafuoco, ingannatore degli ingenui in cammino verso il paese dei balocchi.

Mariani ricostruisce il progresso compiuto dall’errore massonico attraverso la letteratura affabulatoria prodotta dagli apologeti del falso risorgimento. E opportunamente ha messo descritto i mostriciattoli anticristiani e antitaliani striscianti sotto la pelle del finto patriottismo.

Ad esempio, lo sgangherato delirio gnostico, che strappava all’insicura penna di Giuseppe Garibaldi la definizione della propria anima quale “scintilla vicinissima al nulla, ma pur parte di quel tutto supremo Oh! Si di Dio! Sì! Particella dell’eterno”.

Analogo il grido comicamente panteista ed escatologico alzato dall’infelice Goffredo Mameli: “L’uom si confonde con Dio, e indiato al gran tutto si unisce, si fa l’uom una sola famiglia perché è giunta l’età dell’amor”.

Oggi possiamo dire che Marrazzo ha svelato la natura dell’ecumenico amore raccomandato dalla famiglia letteraria asservita al progressisti del XIX secolo.

Non convincente è invece l’analisi compiuta da Mariani dell’opera di Carlo Goldoni, scrittore che intitolò la propria vita al conformismo ma non fu ossessionato dalle passioni sacrileghe e demenziali nutrite dai protagonisti della letteratura liberal-massonica. Vero è che le sue opere fecero storcere la bocca dei massoni.

La critica di Mariani a un’opera goldoniana quale il “Feudatario”, pungente ma onesta satira del potere esorbitante, sembra addirittura suggerita dagli umori codini di un esteta sudamericano, Gomez Dàvila, che, in ristretti circoli di destra rovente, suscita astratti furori oligarchici.

Salva la riserva sugli sporadici eccessi reazionari, il saggio di Mariani si raccomanda agli studiosi e ai politici intesi ad approfondire le meccaniche della sovversione e dello stordimento mediatico.



il libro può essere richiesto direttamente alle Edizioni Il Cerchio, Rimini


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